Dorme intatta sotto i campi della frazione Maggio di Ozzano dell'Emilia, a mezzo metro di profondità. Da 1500 anni.
Dal 2005 per Claterna è arrivato il momento del risveglio. La città romana che si estende lungo la Via Emilia per 600 metri e per 300 metri a nord e sud della stessa strada consolare, è infatti la protagonista di una nuova stagione di studio e valorizzazione archeologica, frutto della sinergia tra Soprintendenza, Associazioni culturali, Amministrazioni Comunali e Università, con il sostegno finanziario di CRIF SpA e Gruppo IMA.
La campagna di scavo 2017, infatti, ha inaugurato un nuovo progetto triennale di ricerca focalizzato su due precisi settori dell’antica città di Claterna: la già nota domus del fabbro e l’area centrale destinata in antico agli edifici pubblici.
Per quanto concerne la prima, è proseguita sia l’attività di scavo iniziata nel 2005, che ha portato alla scoperta di nuovi ambienti della domus, sia quella di archeologia sperimentale con la ricostruzione in situ e in scala reale di nuovi muri e stanze. Per quanto riguarda l'area degli edifici pubblici -di assoluta novità- è finalmente iniziata l'attività di ricerca in uno dei settori più importanti e al tempo stesso meno conosciuti della città romana, fulcro della vita cittadina.
Tutta l’attività dell’Associazione 'Centro Studi Claterna Giorgio Bardella e Aureliano Dondi' -formata da volontari e archeologi professionisti- si svolge in sinergia con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le provincie di Modena, Reggio Emilia e Ferrara e con i Comuni di Ozzano dell’Emilia e di Castel San Pietro Terme. L’associazione collabora con molti Istituti Superiori di Bologna, tra cui il Liceo Classico Galvani e il Liceo Artistico Arcangeli, e con il Rotary Club per le esperienze di alternanza scuola-lavoro che si sono svolte fin dal 2016 con grande intensità nel corso di tutta l’attività di scavo e di ricerca. All'esperienza di scuola-lavoro di quest'anno hanno partecipato più di 350 studenti di sette istituti bolognesi che da giugno a ottobre 2017 hanno lavorato con passione in cantiere per una o due settimane, manifestando il desiderio di prolungare l'esperienza anche oltre le ore di alternanza.
L’associazione si avvale inoltre della collaborazione dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e della Scuola di Specializzazione in Archeologia delle Università di Trieste, Udine e Venezia (SISBA) per quel che riguarda la ricerca archeologica stratigrafica e la formazione ‘sul campo’ di giovani archeologi.
Massimo finanziatore del progetto è CRIF Spa, senza il quale nulla si sarebbe potuto realizzare, oltre a Gruppo IMA, che ha da sempre sposato e incoraggiato la rivalutazione di Claterna, e al contribuito di numerosi altri sponsor privati.
Lo scavo e la ricostruzione della domus del fabbro (settore 11)
Le ricerche nel settore 11 sono iniziate nel 2005 ma solo negli ultimi anni hanno ricevuto nuovo impulso grazie al fortunato abbinamento tra ricerca archeologica (scavo stratigrafico), ricostruzione delle antiche murature (archeologia sperimentale) ed esperienze di comunicazione e partecipazione (didattica dell’archeologia rivolta alle scuole e al grande pubblico).
Già nel 2014 il settore era stato inaugurato e aperto al pubblico come area musealizzata, ma le ricerche sono proseguite anche in seguito fino all'avvio del nuovo progetto triennale nel 2017. Nel mese di giugno è iniziata l’attività con gli studenti delle scuole medie superiori nell’ambito del progetto ‘alternanza scuola–lavoro’. In una prima fase, si è proceduto all’apertura di un largo settore della domus del settore 11 (‘casa del fabbro’, parte nord), mediante asportazione del terreno arativo e pulizia manuale degli strati e delle strutture archeologiche. Ciò ha permesso di scoprire un’altra importante serie di ambienti della domus che si sviluppavano verso nord, molto probabilmente attorno a un cortile. Nello stesso periodo si è proseguito con attività di archeologia sperimentale, ricostruendo uno dei muri perimetrali dell’edificio, quello verso ovest, cioè verso lo Stradello Maggio. Come da progetto sono state ricostruite le basi in laterizi romani e gli alzati in terra cruda, mediante la tecnica del pisé (casseforme lignee entro le quali viene costipato un impasto di terreno argilloso, paglia e altro).
La ricostruzione della domus del fabbro, frutto dell'attività di archeologia sperimentale
Alla fine di giugno sono intervenuti i responsabili dell'Università Ca’ Foscari di Venezia per preparare il cantiere all’arrivo degli studenti e dare una mano alle operazioni in corso. Si è iniziato il disegno delle strutture e delle stratificazioni emerse nella fase precedente e si è provveduto a porre le basi topografiche (picchettatura) per i successivi rilievi.
Lo scavo della domus del settore 11 ha avuto inizio mediante l’asportazione dei riempimenti delle spoliazioni, cioè le trincee lasciate da coloro che nel Medioevo cavarono fino alle fondamenta gli antichi materiali costruttivi della città -ormai da tempo abbandonata- per reimpiegarli evidentemente altrove. Agli inizi di luglio anche la squadra degli studenti universitari in archeologia dell’Università Ca’ Foscari e della Scuola di Specializzazione in Archeologia di Udine, Venezia e Trieste era al completo e hanno così avuto inizio le operazioni di rilievo delle strutture e lo scavo stratigrafico della complessa sequenza del sito.
Nel settore est della nuova area di scavo è venuto alla luce quello che pare essere, a una prima valutazione, una sorta di piccolo settore termale privato pertinente alla domus. È stato infatti individuato un vano contraddistinto dalla presenza di suspensurae (mattoni circolari) per un probabile ipocausto (pavimento sopraelevato per un ambiente riscaldato); di estremo interesse il fatto che, tra il materiale di crollo, siano stati localizzati elementi frammentari di pavimentazione musiva con decori (geometrici, floreali?) che dovevano costituire la parte sopraelevata della pavimentazione, ora crollata tra quanto rimane delle suspensurae sottostanti. Per il momento questi resti musivi sono stati lasciati in situ, vista l'estrema delicatezza di qualsiasi operazione di recupero che in ogni caso dovrà essere svolta con l’aiuto di restauratori professionisti.
Più a sud, in linea con il precedente vano, è stata scoperta un’altra pavimentazione in materiale durevole, un cocciopesto (battuto cementizio a base fittile) che si presenta particolarmente ben conservato, nonostante la scarsa profondità dal piano di campagna attuale.
Ancora più a sud lo scavo si è raccordato all'esplorazione del 2015, nella continuazione di una grande buca che celava una pavimentazione ribassata, funzionale a sua volta alla presenza di un pozzo. Quello dei pozzi è un tema molto importante per comprendere lo svolgimento della vita quotidiana degli antichi abitanti di Claterna: vedremo in seguito come questo ritrovamento non sia affatto isolato nella domus.
Accanto ai vani ora descritti, abbiamo avuto la possibilità di scavare in profondità una serie di strati che descrivono precisamente le varie fasi di vita della domus durante un lunghissimo periodo di tempo. Dapprima ci siamo imbattuti in alcune strutture murarie (basi in laterizi) e pavimenti in semplice terra battuta databili al V – VI secolo, dunque coevi alle fasi più tarde di rioccupazione dell’edificio. Sappiamo infatti dai precedenti scavi che in questo luogo, dopo l'abbandono della domus, si stabilirono degli artigiani che lavoravano il ferro (da qui la denominazione di ‘domus del fabbro’), dei quali abbiamo ritrovato l’officina e gli ambienti in cui risiedevano con le proprie famiglie.
Veduta dall'alto dell'area di scavo 2017 nella domus del fabbro (foto da drone di Paolo Nanni)
Proseguendo lo scavo, è stato individuato un più antico strato di crollo (III-IV secolo) attribuibile a un tetto, visto che lo strato di macerie era composto principalmente da tegole e da coppi. Sotto questo crollo sono stati individuati almeno tre ambienti. Il primo tra questi -quello più a sud- vede la presenza di un pozzo, la cui camicia è costituita da mattoni ‘puteali’ (mattoni ricurvi fabbricati apposta per realizzare le incamiciature dei pozzi) disposti in circolo. Si tratta di un rinvenimento di eccezionale importanza che speriamo ci possa raccontare molte cose sulla vita quotidiana della domus: in primo luogo perché i pozzi sono fondamentali per studiare il tema dell’approvvigionamento idrico della città e poi perché, sia in fase di utilizzo che in fase di abbandono, dentro i pozzi venivano spesso gettati oggetti d’uso che solitamente non si ritrovano nelle stratificazioni orizzontali e che spesso sono in un ottimo stato di conservazione. Si spera dunque di poterlo in futuro scavare in profondità, naturalmente privilegiando le condizioni di sicurezza degli operatori. Il pozzo era collegato ad alcuni piani di calpestio in terra battuta e a un piano in ammattonato, dotato anche di una canaletta per lo smaltimento delle acque.
Il secondo ambiente, quello più a nord, ha restituito due piani pavimentali sovrapposti: uno più antico, realizzato in battuto cementizio (cocciopesto), e uno più recente realizzato attraverso un sottile riporto di argilla e calce.
Il terzo ambiente, centrale, ha invece portato alla scoperta di un piano con un focolare a terra, assieme a resti di ceramiche, carboncini e cenere che fanno pensare si possa trattare della cucina.
Lo scavo di quest’anno della domus ha dunque individuato una nuova ala della casa in grado di raccontarci molte cose sulla vita quotidiana: un piccolo ambiente riscaldato e una serie di ambienti di carattere funzionale, con pozzi e cucina.
Lo scavo del settore pubblico della città di Claterna: il teatro (settore 16)
Sempre a partire dagli inizi di luglio e fino ai primi di ottobre si è affrontato il nuovo settore di scavo aperto nell’area ‘pubblica’ della città, precisamente nel comparto a nord della via Emilia occupato da una serie di grandi edifici precedentemente individuati mediante le fotografie aeree e satellitari.
Si è trattato di un’esplorazione di capitale importanza per la storia della ricerca archeologica claternate poiché gli ultimi scavi nell'area risalivano alla fine del XIX secolo, quando il grande archeologo Edoardo Brizio aveva fatto eseguire alcuni ampi saggi che avevano portato alla scoperta, tra l’altro, dello spiazzo forense. Da allora non era emerso alcun dato nuovo ed era rimasto nel campo delle ipotesi il fatto che in questa zona esistesse un’area monumentale. Solo pochi anni fa alcune foto satellitari prima, e alcune entusiasmanti riprese aeree oblique effettuate nel 2015, avevano evidenziato con grande chiarezza come, oltre alla supposta area del foro (inteso come piazza aperta), fosse esistita tutta una serie di edifici sepolti, organizzati con cura al centro della città, che per planimetria e ampiezza potevano ben figurare come i monumenti del comparto pubblico.
Il settore 16 è stato aperto all'interno di un’area nella quale le foto aeree mostravano le evidenti tracce di un edificio teatrale ed è stato progettato in modo da intercettare una porzione della cavea, dell’orchestra e dell’edificio scenico, per la ragguardevole estensione di circa m 40 x 10 poi ulteriormente ampliata. Anche in questo caso si è proceduto prima con l’asportazione dell’arativo mediante escavatore, poi con la pulizia e lo scavo manuale, portata avanti soprattutto con l’ausilio degli studenti liceali partecipanti all'alternanza scuola-lavoro che hanno partecipato numerosi e con grande entusiasmo a tutte le operazioni.
Ripresa dall'alto delle strutture di fondazione in pietra arenaria della cavea del teatro (foto da drone di Paolo Nanni)
La foto aerea mostra con chiarezza le tracce del teatro romano e di altri edifici pubblici (foto di Maurizio Molinari, 2015)
Dopo una prima fase di scavo e rilievo delle trincee di spoliazione e degli strati di distruzione posti al di sopra dei resti antichi, sono venute alla luce le inequivocabili tracce del teatro, in particolare delle fondazioni e di parte degli alzati della cavea. Una scoperta francamente inaspettata perché i più ritenevano che, nel caso più fortunato, si sarebbero trovate solo labili tracce, leggibili esclusivamente dagli specialisti. La realtà archeologica si è invece mostrata ben diversa rivelando, ancora sepolti, enormi blocchi squadrati di pietra arenaria probabilmente da cave locali, sapientemente connessi a formare possenti muri dall’andamento circolare.
Questi resti coincidono perfettamente con le tracce già geolocalizzate dalle foto aeree e devono essere interpretati come i muri di sostegno della summa cavea (gradinate del settore più alto su cui sedevano gli spettatori). Più verso nord rispetto al rinvenimento delle fondazioni in arenaria, inoltre, sono state evidenziate molte altre tracce che ci fanno ritenere che la parte inferiore delle gradinate (ima cavea) e l’orchestra si trovino a una quota sensibilmente inferiore rispetto al piano di campagna coevo, ancora tutta da scoprire perché coperta da un potente strato di interro.
L’area del teatro confinava a nord con un asse stradale, uno dei principali decumani della città, il cui rettifilo è stato intercettato più volte dagli scavi e segnalato dalle foto aeree. Tra la strada, puntualmente scoperta durante lo scavo, e l’orchestra era collocato l’edificio scenico, le cui fondazioni presumiamo si trovino ancora sepolte.
Sul lato opposto, cioè verso sud, sono state evidenziate altre tracce tra cui una base laterizia che dovrebbe indicare le fondazioni della parte più esterna della cavea, costruita probabilmente su portico. Ancora più a sud in direzione del foro, un piano di ciottoli separava il teatro da un altro grande edificio pubblico di cui sono state intercettate alcune fondazioni perimetrali.
La campagna di scavo 2017 è stata dunque particolarmente fortunata. La scoperta dell’area pubblica di Claterna e delle strutture imponenti di alcuni dei suoi più insigni edifici sono destinate a gettare nuova luce sulla storia della città e a imprimere una svolta alla ricerca archeologica e al progetto di valorizzazione del centro antico.
Rimane comunque molto da fare, il saggio realizzato nel settore 16 è servito soltanto a valutare le caratteristiche principali dell’edificio teatrale e del suo stato di conservazione. L’area esplorata quest’anno corrisponde, infatti, solo a una piccola frazione della reale estensione del teatro e qualsiasi futuro progetto di ricerca dovrà tenere conto della sua grande ampiezza e profondità; per dare un’idea, si calcola che dovesse essere largo circa 60 metri.
Sono tanti gli interrogativi per quella che si preannuncia come una ricerca entusiasmante, in grado di aggiungere davvero qualcosa di inestimabile al patrimonio culturale del nostro territorio. Dalla datazione dei primi materiali raccolti (monete e ceramiche) e dalle caratteristiche dei resti della decorazione architettonica (frammenti di decori vegetali in pietre calcaree e di rivestimenti in marmo) sembrerebbe plausibile una datazione relativa alla prima età imperiale, da ricondurre quindi all’epoca di Augusto -che morì nel 14 d.C.- anche se è prematura qualsiasi considerazione al riguardo.
Fu veramente M. Vipsanio Agrippa, il famoso genero e generale di Augusto, che in veste di patronus della città di Claterna si fece promotore della sua costruzione? E fu questo l’edificio nel quale il contemporaneo P. Camurius Nicephorus, un magistrato locale nominato in una sintetica iscrizione funeraria ritrovata non lontano da Claterna, organizzò ludi (giochi scenici?) per cinque giorni? Persone e volti che prendono lentamente forma attraverso le memorie materiali lasciate dalla città di Claterna.
Iscrizione dedicata ad Agrippa (Bologna, Museo Civico Archeologico)
Le indagini archeologiche a Claterna sono promosse dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le provincie di Modena, Reggio Emilia e Ferrara e dall’Associazione Culturale 'Centro Ricerche Claterna Giorgio Bardella e Aureliano Dondi' con il finanziamento di CRIF SpA e il contributo del Gruppo IMA SpA e di altri sponsor privati.
Le indagini sul campo sono eseguite dall’Università Ca’ Foscari di Venezia e dalla Scuola di Specializzazione in Archeologia delle Università di Trieste, Udine e Venezia (SISBA).
Il progetto di alternanza scuola-lavoro è coordinato dai dieci Rotary Club di Bologna.
COMUNICATO / CONFERENZA STAMPA: Ozzano dell'Emilia (BO), 31 ottobre 2017
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31 ottobre 2017 - presentazione degli scavi
Da sinistra: Maurizio Liuti, Daniele Vacchi, Annarita Muzzarelli, Luca Lelli, Alessandro Golova Nevsky, Saura Sermenghi, Renata Curina, Claudio Negrelli, Maurizio Molinari (foto di Paolo Nanni)
Informazioni scientifiche: Renata Curina (Funzionario archeologo Sabap-Bo), Claudio Negrelli e Maurizio Molinari (Associazione Culturale 'Centro Studi Claterna Giorgio Bardella e Aureliano Dondi')
Editing: Carla Conti, Zucchini Siriana
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