via Dante Alighieri, Fondo Setta - Frazione Voghenza, Voghiera (FE)
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I lineamenti geografici e storici della provincia di Ferrara si sono modellati sul mutevole e possente apparato deltizio del Po. Allo stato attuale delle conoscenze la documentazione archeologica più antica è circoscritta all'areale bondenese e risale all'ultima fase del Neolitico. L'età storica trova il proprio apice nel fenomeno urbano di Spina (fine VI - inizi III sec. a.C.) per frantumarsi nei tempi successivi nelle più capillari forme di insediamento proprie delle età romana e altomedievale. Insieme a Bondeno, le zone di Comacchio, Ostellato, Voghenza e Argenta costituiscono i poli di aggregazione economica ed umana che hanno restituito il maggior numero di documenti e che si saldano, dopo i secoli VI e VII d.C., al "castrum" bizantino da cui ebbe origine Ferrara. Nella provincia di Ferrara sono presenti tre aree archeologiche: la necropoli di Voghenza (Comune di Voghiera), l'area di Santa Maria in Padovetere (Comune di Comacchio) e l'abitato di Spina (Comune di Ostellato). 

1) Voghenza 2) Santa Maria in Padovetere 3) Spina

L'area archeologica di Voghenza si trova al margine dell'attuale paese e testimonia la presenza di una necropoli romana di età imperiale di I-III sec. d.C., dalla quale sono emersi due recinti sepolcrali, tombe a cassa coperte da lastre di pietra di Verona e il sarcofago marmoreo attribuito a Ulpia Pusinnica.
Le origini del centro, che diverrà in seguito la prima sede di diocesi paleocristiana nel ferrarese, sono documentate a partire dalla seconda metà del IV a.C. e della propria storia Voghenza conserva traccia già nel nome. Il toponimo, infatti, deriverebbe dal nome che l'abitato ebbe in età romana e preromana: vicus (borgo, villaggio) e Habentia/Aventia (idronimo?). 


Veduta panoramica dell'area archeologica

Le epigrafi ci permettono di conoscere i nomi e le attività dei defunti e ci dicono che la comunità era in prevalenza costituita dagli amministratori delle proprietà (saltus) che la famiglia imperiale aveva nel delta, mentre i corredi rinvenuti nelle 67 sepolture a cremazione e inumazione sono indicatori di complessi rituali funerari.
Tra i materiali recuperati figurano monete, anfore, lucerne, vasellame da mensa in ceramica comune, incensieri e balsamari di vetro, nonché ornamenti in ambra e oro e un balsamario in sardonice di squisita fattura che attestano l'intensa attività commerciale gravitante attorno al vicus, punto nevralgico d'incontro di disparate arterie della navigazione fluviale padana.


Anello d'ambra dal corredo di una sepoltura


Balsamario in sardonice dal corredo di una sepoltura

 


Informazioni scientifiche: Mario Cesarano, Sara Campagnari, Caterina Cornelio, Andrea Gaucci, Chiara Guarnieri, Paola Desantis, Luigi Malnati, Christoph Reusser
Editing: Siriana Zucchini
Immagini: Mario Cesarano, Marco Marchesini, Archivio Sabap-Bo

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