L'11 settembre 2019 le Università degli Studi di Bologna e di Modena e Reggio Emilia hanno diffuso i contenuti di una pubblicazione scientifica sui cosiddetti "Amanti di Modena".
Gli studi compiuti da UniMORE e UniBO -spiegano ricercatori e docenti in un comunicato- hanno consentito di rivelare il sesso di due individui ritrovati inumati mano nella mano, protagonisti dell'eccezionale ritrovamento avvenuto nel 2009 durante gli scavi in una necropoli tardo-antica di via Ciro Menotti a Modena. 

Grazie a questo studio, si è scoperto che i due scheletri, subito ribattezzati dai media gli “Amanti di Modena”, appartengono entrambi a soggetti di sesso maschile. Per risalire al loro sesso è stata usata una tecnica semplice e innovativa, che permette di determinare il sesso di un individuo a partire dalle proteine contenute nello smalto dei suoi denti.
Il progetto di ricerca è stato condotto in collaborazione con i Musei Civici di Modena e la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.


Gli "Amanti di Modena" - deposizione in situ dei due inumati

Il ritrovamento degli Amanti
Nel 2009 a Modena lungo viale Ciro Menotti, durante gli scavi archeologici condotti dall’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna eseguiti per la costruzione di un edificio residenziale, venne in luce un sepolcreto di età tardo-antica (IV-VI secolo) in cui era collocata anche una tomba contente i due individui deposti nello stesso momento con le mani intrecciate palmo a palmo. La notizia fece il giro del modo e i due scheletri vennero subito ribattezzati come gli “Amanti di Modena”.

Nonostante la pessima conservazione delle ossa e la conseguente impossibilità di una attribuzione certa in termini di sesso, si iniziò a parlare di un uomo e una donna sepolti insieme, nell’atto di mostrare simbolicamente il loro amore eterno. L’inaffidabilità delle analisi genetiche condotte, per via dello scarso grado di conservazione dei resti, ha lasciato il mistero irrisolto, lasciando la narrativa sugli amanti inalterata.

Dal 2014, in seguito ad un progetto di restauro e valorizzazione, la sepoltura è visibile nelle sale del Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.

Un finale inaspettato
Grazie all’applicazione di una tecnica semplice e innovativa che permette di determinare il sesso di un individuo a partire dalle proteine contenute nello smalto dei suoi denti è stato finalmente possibile determinare con certezza che gli individui fossero entrambi di sesso maschile.

La scoperta, inaspettata e rivoluzionaria dal punto di vista metodologico e per quanto riguarda la conoscenza circa le sepolture tardo antiche, è il frutto degli sforzi di un team tutto italiano che comprende membri del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche, Dipartimento di Scienze della Vita, Centro Interdipartimentale Grandi Strumenti dell’Università di UniMORE e del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, nello specifico del Laboratorio di Paleoantropologia e Osteoarcheologia diretto dal prof. Stefano Benazzi. Il team, coordinato dal dott. Federico Lugli di Unibo, comprendente la dott.ssa Giulia Di Rocco del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore, ha analizzato in spettrometria di massa alcuni reperti dentali attribuiti ai due “Amanti”, individuando specifiche proteine maschili in entrambi gli individui. Il lavoro è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports del gruppo Nature, e riguarda quello che - a tutti gli effetti - è un caso unico a livello mondiale.

Nel prossimo autunno gli autori di questa importante ricerca unitamente all’equipe di antropologi dell’Unibo e di archeologi della Soprintendenza e del Museo Civico Archeologico di Modena presenteranno le scoperte in una conferenza pubblica che si terrà a Modena presso le sale dei Musei Civici.

Nuove interpretazioni
“Con i dati attualmente disponibili – spiega il dott. Federico Lugli - non è possibile comprendere il tipo di legame che intercorreva fra i due individui: erano davvero amanti? O forse amici? È anche possibile che si trattasse di parenti più o meno prossimi. Probabilmente questa tomba rappresenta un gesto peculiare e personale dei due individui, piuttosto che una pratica ricorrente della tarda antichità, ma poteva avere comunque un valore simbolico agli occhi dei vivi, come in ogni pratica funeraria”.


I ricercatori Federico Lugli, Filippo Genovese e Giulia Di Rocco


Informazioni scientifiche: Ufficio stampa UniMORE
Editing: Carla Conti (Ufficio stampa Sabap-Bo)
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