via Stradello Maggio, 1 - Località Maggio, Ozzano dell'Emilia (BO)
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Il territorio di Ozzano dell'Emilia cela una delle più interessanti realtà archeologiche dell'Emilia-Romagna. Ai due lati della via Emilia, nell’area compresa tra l’abitato di Maggio e il torrente Quaderna, si estendono i resti dell'antica città romana di Claterna. Il centro, fondato nel II sec. a.C., deriva il nome proprio dal fiume che tuttora la bagna, il Quaderna, toponimo ritenuto di origine etrusca che parrebbe testimoniare un insediamento nel luogo già in quell'epoca, e  rappresenta uno dei pochi esempi in regione a non aver avuto continuità abitativa dall’antichità sino ad oggi. Claterna ha quindi offerto la possibilità di indagare una città romana nella sua estensione e configurazione interna senza le modifiche intervenute nel tempo. L'unicità del sito e le sue potenzialità in campo archeologico sono risultate evidenti già dai primi scavi effettuati sul finire dell'Ottocento, soprattutto per quel che riguarda l’edilizia di tipo abitativo e gli impianti viari. Infatti, nonostante il livello di alluvionamento che ha ricoperto i resti romani non sia stato sufficiente a garantire la protezione degli alzati degli edifici, le diverse campagne che si sono succedute da allora hanno permesso di mettere in luce strutture di notevole interesse come piani pavimentali e stradali, ambienti termali e residenziali, fognature, iscrizioni e hanno permesso di recuperare una grande quantità di materiali che testimonia le attività e la vita privata degli abitanti. A partire dal 1980 la Soprintendenza ha intrapreso la progressiva acquisizione dell’ampia superficie su cui si estende la città mentre dal 2005, con la costituzione dell’Associazione Civitas Claterna, si è dato vita a un grande progetto di studio e valorizzazione tra associazione, Comune di Ozzano Emilia e Soprintendenza Archeologia che nell'ultimo decennio ha consentito di ricostruire un quadro pressoché completo della città. Se la maggior parte delle strutture rinvenute è stata reinterrata per motivi conservativi, attualmente sono visibili in situ la cosiddetta domus del fabbro, parzialmente ricostruita grazie alle attività di archeologia sperimentale condotte negli anni passati, e alcune porzioni di ambienti pavimentati della domus dei mosaici.   


Veduta aerea del territorio

Claterna prima dei Romani
Il territorio di Ozzano si estende su un’area che occupa in parte la pianura e in parte le prime colline appenniniche ed è attraversato in direzione est-ovest dalla via Emilia che, seppure di fondazione romana, rispecchia un antico percorso forse risalente all’età del Bronzo: una sorta di pista pedemontana che giungeva al mare all’altezza di Rimini e collegava tra loro gli sbocchi in pianura di una serie di tragitti transappenninici.
La presenza in zona di gruppi umani risale al Paleolitico, epoca cui si datano gli attrezzi litici recuperati su alcuni terrazzamenti collinari e lungo il corso dello stesso Quaderna, mentre durante l’età del Bronzo, tra XVIII e X secolo a.C., si assiste a una fase insediativa caratterizzata da grandi villaggi ben organizzati che si mantengono stabili fino alla fine del II millennio a.C.
L'arrivo del I millennio a.C. e dell’età del Ferro segnano lo sviluppo della cultura Villanoviana, che corrisponde alla prima fase della civiltà etrusca tra IX e metà VI secolo a.C. e deriva il nome da Villanova di Castenaso, località non lontana da Ozzano dove nel corso dell’Ottocento furono effettuati i primi rinvenimenti attribuibili a questa cultura. La colonizzazione etrusca assume una grandissima importanza in quest’area dell'Emilia-Romagna, con la nascita nei territori centrali di importanti centri come Felsina (l'odierna Bologna) e, nella parte orientale del territorio bolognese, di più modesti nuclei insediativi con funzioni di fattorie o villaggi. L'area di Ozzano non doveva fare eccezione e il sito stesso di Claterna, che come detto cela già nel toponimo l’origine etrusca, mostra materiali e livelli abitativi risalenti almeno all’età Villanoviana, quando il popolamento venne favorito dalla sua collocazione all’incrocio tra la pista pedemontana e una via di penetrazione appenninica alla sinistra del torrente omonimo.
Una nuova fase culturale subentra nel IV secolo a.C. con l’arrivo dei Celti, popolazione nordica proveniente dalle regioni transalpine che era suddivisa in grandi tribù: quella dei Boi, forse proveniente dall’odierna Boemia, interessò il nostro territorio come gran parte della regione. L’impatto con le città etrusche fu dapprima violento, con la perdita dell'autonomia politica da parte degli Etruschi; in seguito i due gruppi etnici e culturali impararono a convivere dando origine a una nuova civiltà definita etrusco-celtica, di cui abbiamo un esempio nella zona di Monterenzio, in località Monte Bibele, dove è stato rinvenuto un villaggio in cui visse una popolazione con tratti culturali misti. Anche il sito di Claterna ha restituito alcuni ornamenti di tipo celtico, testimoniando una continuità di insediamento tipica di buona parte di questo territorio.

L’età romana e la fondazione della città 
Nella regione Cispadana compresa tra gli Appennini ed il fiume Po, l'età romana si apre ufficialmente nel 268 a.C. con la fondazione della colonia di Ariminum (l'odierna Rimini) in una zona già appartenente alle tribù celtiche. Il territorio più occidentale, corrispondente alla maggior parte dell’odierna Emilia-Romagna, viene conquistato stabilmente dai Romani soltanto dopo la seconda guerra punica e dopo le lunghe campagne militari contro i galli Boi del II secolo a.C.
Bologna, già Felsina etrusca, diventa colonia latina con il nome di Bononia nel 189 a.C., mentre più oscure sono le origini di Claterna. A parte i precedenti etruschi, è probabile che il centro abitato si sia formato durante la prima metà del II secolo a.C., contemporaneamente alla grande colonizzazione agraria della pianura.
La fondazione di Claterna risponde a due funzioni fondamentali. La prima, itineraria, è dovuta alla sua collocazione all’incrocio tra la via Aemilia e una via transappenninica da identificare forse con la via Flaminia Minor, entrambe vie consolari realizzate nel 187 a.C. per le quali la città funge da stazione di sosta; la seconda, di tipo economico e sociale, identifica Claterna come centro di riferimento per il territorio circostante, densamente popolato e in fase di grande espansione economica e produttiva.
Nel I secolo a.C. la città viene elevata al rango di municipio e ottiene l’autonomia amministrativa come capoluogo di una grande circoscrizione territoriale estesa tra i torrenti Idice e Sillaro, confinante ad ovest con Bononia e ad est con Forum Cornelii (l’odierna Imola), ma è soprattutto nei primi secoli dell’impero che Claterna conoscerà il massimo splendore.


Mappa della città romana

Le caratteristiche del territorio e della struttura urbana
Durante il I secolo a.C. la città acquisisce una fisionomia ben definita, che oggi si mostra nelle sue linee essenziali attraverso le indagini archeologiche.
Il territorio, come accadde per gran parte dell’Italia padana, viene suddiviso al momento della presa di possesso delle terre da parte dei coloni romani e nel giro di pochi anni gli agrimensori romani realizzano un reticolo di strade e canali per il drenaggio del terreno e per lo scorrimento delle acque, denominato centuriazione. Ogni maglia, corrispondente a circa 710 metri di lato, era ulteriormente frazionata in appezzamenti regolari assegnati a ciascuna famiglia. 
La centuriazione, che ancora oggi caratterizza la regione e gran parte del territorio di Ozzano, aveva molteplici funzioni: costituiva una efficace rete di comunicazioni, era un sistema drenante e al tempo stesso di irrigazione ed era infine un riferimento per l’appoderamento e per il catasto che registrava le proprietà dei terreni. 
L’area urbana, delimitata a est dal torrente Quaderna e a ovest da un corso d’acqua minore, assume una forma quasi trapezoidale con uno sviluppo in ampiezza per circa 600 metri e un’estensione di circa 150 metri tanto a nord quanto a sud della via Emilia, che funge da decumanus maximus. Nel momento di massima espansione possiamo stimare una superficie di circa 18 ettari, senza contare i suburbi che potevano svilupparsi anche per alcune centinaia di metri lungo gli assi della viabilità maggiore. Le altre strade principali, anch'esse corrispondenti ai prolungamenti degli assi centuriali, erano costituiti da una via parallela al corso del Quaderna, con andamento differente rispetto all’orientamento viario prevalente,  da un grande cardine ortogonale alla via Emilia (il cardo maximus) e da altre due vie parallele a quest’ultima, collocate rispettivamente nel settore nord ed in quello sud della città. 
L’impianto era di tipo misto, con isolati di forma e ampiezza variabili. Si tratta di un esempio di città che unisce aspetti legati a un’origine di tipo spontaneo (l’antico conciliabulum) ad altri dovuti a un ordinamento pianificato, intervenuto nel momento in cui il centro assume una funzione amministrativa ufficiale. Le strade vengono realizzate semplicemente con piani acciottolati, a differenza delle vicine Bononia e Forum Cornelii dove sono stati rinvenuti ampi tratti di lastricati in basoli di trachite di forma poligonale. Da sottolineare il fatto che la forma della città era intimamente connessa al territorio: le vie principali, infatti, corrispondono ai prolungamenti dei limiti centuriali, ovvero di quelle strade a maglia reticolare che solcavano l’intera pianura segnandone profondamente il disegno e la struttura generale.


Strutture edilizie di età romana 

Come tutte le città romane anche Claterna aveva il suo fulcro nel foro, il luogo di mercato e sede delle principali funzioni urbane, scoperto nell’Ottocento nel settore orientale della città come prolungamento e allargamento della strada consolare Emilia. Nulla sappiamo di possibili altri edifici o spazi pubblici quali i templi che, come attestato dalle epigrafi, erano tuttavia certamente presenti. Molto più frequente è la documentazione archeologica pertinente alle domus, residenze private di personaggi più o meno facoltosi. Queste domus, che spesso mostrano il classico schema ad atrium tipico della tradizione romana, erano dotate di ambienti pavimentati con mosaici geometrici o figurati, cocciopesto o più ordinariamente mattonelle in cotto, nonché di vasche e di peristili con aree aperte e porticate.


Veduta del saggio di scavo di una domus di età imperiale con pavimentazioni a mosaico e in cocciopesto


Porzione di pavimento a mattonelle bicrome


Porzione di pavimento in cocciopesto


Particolare di pavimentazione a mosaico con figure geometriche

Nella pianura centuriata, ma anche nelle zone pedecollinari e collinari, il sistema insediativo dominante era costituito da edifici sparsi, fattorie e ville più o meno regolarmente distribuite che presuppongono un'economia dominante basata sulla media e piccola proprietà. Più rare le grandi proprietà, contraddistinte da ville organizzate in ampi settori destinati alla produzione e al magazzinaggio delle derrate alimentari e con interi quartieri adibiti a pars urbana, cioè zona residenziale dei ricchi possidenti e pertanto fastosamente decorata con mosaici e affreschi.  Le indagini hanno mostrato anche tipologie edilizie più modeste, con pavimentazioni in terra battuta e alzati in materiali non durevoli come il legno e l’argilla, che testimoniano la grande varietà della compagine sociale che viveva a Claterna.
Al di fuori della città si estendevano le aree suburbane con necropoli dotate anche di veri e propri monumenti funerari, poste lungo le vie di comunicazione, e con aree produttive e di servizio quali le strutture per la lavorazione del vetro e del ferro o gli edifici pertinenti a una stazione di posta (mansio) individuati nella periferia orientale della città, oltre il Quaderna. Nelle campagne, particolarmente produttive tra I secolo a.C. ed il II secolo d.C. in concomitanza con il fiorire dell’economia italica, erano prodotti soprattutto cereali e vino.


Particolare di pavimentazione a mosaico con fascia policroma figurata con motivo a ‘tralcio d’acanto’ 

La cultura materiale
Nella città romana, sia in età repubblicana che in età imperiale, circolavano molti manufatti e utensili che testimoniano un'intensa attività artigianale diffusa in tutto il territorio. Abbiamo abbondante vasellame da mensa in ceramica e bronzo, recipienti in vetro, componenti per mobili e oggettistica in metallo, strumenti in osso quali stili per scrivere, aghi crinali e piccoli fusi, macine e mortai in pietra. Dagli scavi sono emerse anche alcune pedine circolari in pasta vitrea e in pietra utilizzate per i giochi 'di società', dal più semplice ‘tris’ al più complicato ludus latrunculorum.  Oggetti fondamentali erano infine le lucerne, spesso uniche fonti di illuminazione, che troviamo in grande numero e tipologia.
I materiali rinvenuti attestano un intenso scambio commerciale non solo a livello regionale ma su tutto il territorio dell’impero, sia con i paesi mediterranei, sia con i paesi nordici. Particolarmente prosperoso era il commercio dell’olio e del vino effettuato utilizzando le anfore, i contenitori da trasporto per eccellenza. Notevoli dovevano essere le importazioni di ferro grezzo dal Norico, l’odierna Austria.


Applique in bronzo a forma di delfino

La fine di Claterna e la trasformazione del territorio in età tardoantica
I primi segni di decadenza coincidono con il cambiamento delle strutture economiche, sociali e politiche dell’Impero, avvenuto durante quel III secolo che vide il sopraggiungere delle prime incursioni barbariche anche nel cuore dell’Italia centro-settentrionale. Il processo di impoverimento interessa sia l'area urbana che il territorio circostante. Per quanto riguarda la città, recenti scavi mostrano alcune domus e case abbandonate già in età medio imperiale, e poche sono le iscrizioni attribuibili a questo periodo: una ricorda Agrippa come patrono della città, l'amico e genero di Augusto, un'altra celebra la munificenza di un seviro che aveva organizzato dei giochi per la città durati sei giorni, altre hanno carattere sepolcrale; mentre dall’analisi delle campagne emergono un chiarissimo calo nel numero degli insediamenti sparsi a partire dalla fine del II secolo e una disgregazione della maglia centuriale che in questa zona, a differenza di quelle limitrofe, appare decisamente meno conservata. Esaustiva di questa fase è la citazione di Claterna da parte del vescovo di Milano Sant'Ambrogio (Ep. II, 8), che sul finire del IV secolo la include tra i “semirutarum urbium cadavera” (cadaveri di città semidistrutte), riferendosi al destino di decadenza economica e spoliazione da parte degli eserciti barbarici o al servizio di usurpatori che accomunava molti altri centri della regione. 
La crisi profonda della società e delle strutture divenuta ormai irreversibile porta al definitivo abbandono tra V e VI secolo, tanto che la città può essere annoverata tra i pochi casi attestati nella nostra regione di discontinuità urbana nel passaggio al medioevo. Nel 568 d.C., infatti, quando l'arrivo dei Longobardi spezzerà definitivamente l’unità italica, Claterna avrà già cessato di esistere come esperienza urbana. Differentemente da altre città limitrofe che continueranno a essere abitate diventando anche centri di una certa importanza, il suo centro non verrà mai più rioccupato mentre il suo territorio, pesantemente frammentato, comincerà a gravitare nell’orbita dei centri urbani vicini, Bologna ed Imola.


Iscrizione dedicata ad Agrippa



Informazioni scientifiche: Paola Desantis, Renata Curina, Claudio Negrelli
Editing: Carla Conti, Siriana Zucchini
Immagini: Maurizio Molinari, Archivio Sabap-Bo

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